1 / 4       © Toni Meneguzzo, dalla serie Divine Bovine, 2007-2013.
2 / 4       © Toni Meneguzzo, dalla serie Divine Bovine, 2007-2013.
3 / 4       Durante la visita alla mostra Divine Bovine di Toni Meneguzzo. © Stefania Biamonti/FPmag.
4 / 4       Durante la visita alla mostra Divine Bovine di Toni Meneguzzo. © Stefania Biamonti/FPmag.

Divine Bovine

Devo ammetterlo, Divine Bovine di Toni Meneguzzo è uno dei lavori che mi aveva lasciata maggiormente perplessa nel corso della conferenza stampa di presentazione del Photolux Festival 2015. Quella mucca agghindata a festa che, sul monitor, sembrava galleggiare nel bianco latteo di uno sfondo palesemente creato ad hoc mi aveva suscitato non pochi dubbi circa l'effettiva consistenza del lavoro proposto. Certo, esporre un lavoro dedicato alle vacche sacre indiane all'interno di un'edizione consacrata al dualismo tra sacro e profano era una scelta più che condivisibile, tuttavia quando c'è di mezzo l'India e le sue tradizioni, la paura di trovarsi di fronte a lavori scontati, retorici, o quanto meno visti e stravisti, prende il sopravvento. Quando ho varcato la soglia dello Studio Massimo Vitali, all'interno del quale è stata allestita la mostra, ero quindi preparata al peggio e, sicuramente, non mi aspettavo di ricredermi. Invece è andata proprio così.
Come è possibile leggere nel testo di presentazione che introduce l'esposizione, Divine Bovine è il frutto di «un lungo percorso di studi e viaggi, durato cinque anni, per ottenere il più vasto repertorio possibile di un’arte che sta scomparendo e lasciarne testimonianza, giacché non esiste alcuna letteratura di riferimento». Da questa esplorazione – che ha portato Meneguzzo ad attraversare moltissimi stati indiani e a cimentarsi con quelli che egli stesso definisce segnali dodecafonici per comunicare meglio con i suoi soggetti sui generis –, è nata una collezione di veri e propri ritratti di vacche sacre, accuratamente preparate per alcune celebrazioni rituali, che l'autore ha successivamente scontornato «per eliminare lo scenario agreste circostante che è così pregno dell’iconografia folclorica indiana da attenuare i contributi stilistici e artistici utilizzati per celebrare il rito perpetuo della vita e della sacralità dell’animale». Una scelta che permette al visitatore di soffermarsi sui dettagli, su quelle tracce variopinte e su quella «paccottiglia luccicante» che, ridisegnando completamente la fisionomia degli animali coinvolti nel rito, si pongono di fatto alla base del rituale e della forma artistica ed espressiva indagata da Meneguzzo. Anche la scelta di giocare su una sorta di serialità imperfetta ben si addice all'obiettivo primario dell'autore di creare, come accennato poco sopra, una sorta di enciclopedia visiva dedicata a un'arte antica, unica nel suo genere, già da tempo in cammino sul viale del tramonto. Ed è proprio sull'efficacia di questa serialità imperfetta che è stato giocato l'allestimento dell'esposizione proposta a Lucca.
Un allestimento minimale, per certi versi povero, costituito da un mosaico di piccole stampe a cui fanno da contrappunto solo quattro ingrandimenti. Un'idea semplice, e certo non così innovativa o sofisticata, ma che senza dubbio si adatta bene sia al tipo di lavoro, sia allo spazio in cui è ospitato. [ S. B. ]

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DIVINE BOVINE
di Toni Meneguzzo
Studio Massimo Vitali | 21 novembre - 13 dicembre 2015
ingresso: gratuito


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[ RISORSE INTERNE ]
Photolux 2015: le mostre
[ video ] Sacro e Profano: intervista a Enrico Stefanelli
Photolux 2015 su FPmag

[ RISORSE ESTERNE ]
Toni Meneguzzo
Photolux Festival 2015

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pubblicato in data 30-11-2015 in NOTIZIE / MOSTRE

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