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Je ne suis plus Charlie. © FPmag.

Non siamo più "Charlie"

Parigi, 7 gennaio 2015, attentato alla redazione di Charlie Hebdo, 12 morti e 11 feriti.
Amatrice, 24 agosto 2016, terremoto magnitudo 6,0 ± 0,3, 296 morti e 388 feriti.

Due date, due tragedie sia pur assai differenti per numeri e origine. La prima frutto della mano dell’uomo e della follia estremistica di stampo pseudo religioso. La seconda orribile figlia delle imperscrutabili leggi della natura, complice probabilmente la superficialità umana.
Perché associarle?
Perché entrambe hanno in qualche modo a che vedere con l’immagine, quella prodotta dai disegnatori di Charlie Hebdo.
Nel primo caso le vignette dei disegnatori francesi sono state identificate come il fattore scatenante dell’attacco alla redazione. Nel secondo hanno commentato, a modo loro, quanto era avvenuto in Centro Italia.
Differenti, però, le reazioni di fronte alle immagini che in entrambi casi sono state considerate offensive. Nel primo caso intorno a Charlie Hebdo si è stretto l’intero mondo occidentale, certificando implicitamente il successo dei terroristi e dimostrando di essere stato colpito ancora una volta nel profondo. La solidarietà ha trovato forma in un’espressione diventata immediatamente popolare: «Je suis Charlie». Una frase a dir poco elementare, nata a quanto pare su Twitter e diffusasi con la velocità che solo un rigurgito di demagogia può avere. Una frase che in qualche modo voleva sostenere i disegnatori e difendere la loro opera inutilmente e stupidamente offensiva nei confronti dell’Islam e dei suoi credenti. Cosa quest'ultima che, ovviamente, non ne giustifica la reazione, le cui vere ragioni andrebbero per altro ricercate in ambiti che con la religione ben poco hanno a che vedere.

Nel caso del terremoto italiano, invece, una vignetta di Charlie Hebdo è stata altrettanto dissacrante e altrettanto idiota, tanto da scatenare reazioni e polemiche culminate con la querela fatta dal Comune di Amatrice nei confronti del giornale francese.

Le vignette di Charlie Hebdo sul terremoto in Centro Italia del 24 agosto 2016. Le vignette del settimanale satirico francese Charlie Hebdo sul terremoto nell'Italia Centrale del 24 agosto 2016.

Quello che in realtà accomuna entrambi i casi non è tanto il fattore comune costituito dall’essere state le vignette prodotte e pubblicate da Charlie Hebdo, quanto la stupidità di cui sono state intrise le reazioni. Inutile discutere del cattivo gusto dimostrato da chi ha concepito e pubblicato quei disegni corredati di testi altrettanto inopportuni. Inutile commentare l’azione promossa dal Comune italiano, che se è umanamente comprensibile da parte di chi i morti li ha in casa, dall’altra denota un’elevata dose di incapacità di comprensione dell’immagine incriminata. Si è preteso infatti che questa infangasse l’onore dei defunti, quanto si proponeva di stigmatizzare la superficialità nei controlli sulle costruzioni e sulla manutenzione degli stabili crollati.

Le immagini hanno dimostrato ancora una volta il loro potere. Hanno messo in moto intere popolazioni. Hanno fatto levare gli scudi in difesa della libertà di espressione quando a essere colpiti da una satira idiota sono stati gli altri. Hanno fatto gridare a tutti «Je suis Charlie». Hanno fatto sdegnare tutti gli italiani contro Charlie Hebdo quando hanno scoperto di poter essere loro il bersaglio del suo quantomeno discutibile sarcasmo.

Eravamo tutti Charlie. Ora che riteniamo abbiano offeso i nostri morti nessuno è più Charlie.

Tutto questo odora, o meglio puzza, solo di grande ipocrisia. Personalmente trovo stupide e inopportune entrambe le uscite del giornale francese. Ma questo non mi spinge a sporgere querela. Sarà perché non debbo difendere il mio operato e non devo prendere voti da nessuno (cosa che mi offre un indubbio privilegio nella valutazione), ma credo che, per quanto non condivisibili, certe esternazioni abbiano il diritto di essere fatte. Basterebbe ricordare una frase attribuita a Voltaire da S. G. Tallentyre (Beatrice Hall) «Je désapprouve ce que vous dites, mais je me battrai jusqu'à la mort pour que vous ayez le droit de le dire»* ed essere in possesso di quel minimo di maturità necessaria ad attribuire alle cose la loro corretta posizione in una scala di valori. [ Sandro Iovine ]


* «Non condivido ciò che dite, ma mi batterò fino alla morte perché abbiate il diritto di esprimerlo».


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[ RISORSE INTERNE ]
[ mostre ] Da Hara-Kiri a Charlie

[ RISORSE ESTERNE ]

Charlie Hebdo
La vignetta di Charlie Hebdo spiegata a mia madre

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pubblicato in data 13-09-2016 in NOTIZIE / OPINIONI

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