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Le quartier Saint-Antoine. © Hubert Barre. iLe quartier Saint-Antoine. © Hubert Barre.

hubert barre

le quartier Saint-Antoine*

«Ah matočka, sono poveri davvero! E che disordine! Ma non c'è da meravigliarsi: tutta la famiglia vive in un'unica stanza, divisa da piccoli paraventi, per la decenza»**

Fëdor Dostoevskij


Jacques, Paul, Guy, Jacquot, Serge, Marie, Hamidi... di loro non è rimasta che un'ombra evanescente, sputata fuori dalla memoria sotto forma di nomi. Frammenti di ricordi che risalgono a tre decenni fa. Vivevano tutti a Aubenas, nel quartiere di Saint-Antoine. Il più povero della città. Trent'anni fa. Oggi non sono più lì e non è difficile immaginare che non siano più nemmeno su questa terra.

A farli ricordare sono oggi solo la memoria di pochi e i ritratti che li rappresentano in una quotidianità fatta di povertà tangibile, di durezze giornaliere e precarietà, di difficoltà e miseri averi. Una situazione testimoniata da immagini che, in assenza di riferimenti diacronici, raramente offrono appigli per azzardare una datazione attendibile. I volti di Jacques, Paul, Guy, Jacquot, Serge, Marie, Hamidi, spesso schiacciati dalla brutalità del flash, sono senza tempo. Anche gli ambienti e gli oggetti che li circondano non sono di grande aiuto nella maggioranza dei casi e potrebbero falsare la lettura anche di parecchi decenni.

Certo, quando si incappa in un'immagine in cui sullo sfondo compare una Mercedes, oggi dovremmo ormai dire una vecchia Mercedes... allora ci rendiamo conto che il conto dei decenni si ferma a tre. Siamo alla fine degli anni Ottanta, anche se di molte immagini saremmo tentati di dire che sono almeno degli anni Cinquanta, se non prima. L'atmosfera emanata dalle stampe è difficile da definire. Da una parte i toni scuri ci instradano verso una cupezza che ben sembra aderire alle condizioni dei soggetti, dall'altra c'è un'energia a volte sotterranea a volte esplicita, che si agita tra le sfumature comprese tra il bianco e il nero.

Se dovessimo inquadrare queste fotografie all'interno di una griglia teorica di lettura delle immagini, parlando dei contenuti non potremmo non rilevare la presenza ricorrente del fattore tematico della relazione. Molte di queste immagini si riferiscono ai rapporti che intercorrono tra i soggetti, rapporti forti, nati dalla condivisone del poco, dal sostegno reciproco nella difficoltà. Rapporti che emanano una forza, necessaria probabilmente, disperata forse, potente sicuramente. E forse è proprio questa l'energia che si avverte scorrere sotto la superficie della carta sfogliando immagini che ci raccontano di un quartiere che oggi non è più come trent'anni fa.

Le case si sono svuotate. Jacques, Paul, Guy, Jacquot, Serge, Marie, Hamidi non sono lì. I tempi sono cambiati, si potrebbe dire abusando senza necessità di un luogo comune borghese. E questo non può non farci riflettere sul ruolo del medium fotografia. Se è vero che per migliaia di anni l'essere umano ha continuato a evolversi senza che la sua immagine fosse meccanicamente declinata come un analogon del referente, è altresì vero che la memoria iconica offerta dalla fotografia rappresenta un possibile oggetto di stimolo all'autocoscienza. Il rischio, però, è che nella sovrabbondanza e facilità di produzione delle immagini queste divengano... invisibili agli occhi dei più. A fronte di immagini che si autoreplicano nella riproduzione di cliché precostituiti, fotografie che ci ricordano da dove veniamo sono importanti, foss'anche solo perché ci permettono di non riconoscerci in quanto vediamo, combattendo l'omologazione.

E in una società occidentale che nonostante le sue crisi globalizzate è comunque ancora in grado di vivere ben al di sopra delle proprie necessità, ricongiungersi con l'energia vitale che scorre nei ritratti degli abitanti di Saint-Antoine di trent'anni fa, può essere un valido contrappunto alle nostre insoddisfazioni quotidiane.

[ Sandro Iovine ]


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(*) Le quartier Saint-Antoine cui fa riferimento il titolo è quello di Aubenas en Ardèche, nel sud della Francia.
(**) Povera gente di Fëdor Dostoevskij, Giangiacomo Feltrinelli Editore, Milano, 2016; pag. 80.

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[ RISORSE INTERNE ]
◉ [ FPtag ] Voies Off 2016
◉ [ mostre ]
Hubert Barre: luce, muri e graffiti

Le quartier Saint-Antoine. © Hubert Barre. iLe quartier Saint-Antoine. © Hubert Barre.

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Le quartier Saint-Antoine. © Hubert Barre. iLe quartier Saint-Antoine. © Hubert Barre.

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Le quartier Saint-Antoine. © Hubert Barre. iLe quartier Saint-Antoine. © Hubert Barre.

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Le quartier Saint-Antoine. © Hubert Barre. iLe quartier Saint-Antoine. © Hubert Barre.

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Le quartier Saint-Antoine. © Hubert Barre. iLe quartier Saint-Antoine. © Hubert Barre.

Hubert BarreHubert Barre - Nasce a Montpellier nel 1962 e frequenta, a Aubenas, il Lycée Technique Astier, per iscriversi successivamente all'INSA (Institut Nationale des Sciences Appliquées) di Lione.
Come fotografo, tra il 1985 e il 1986, lavora per il servizio stampa delle forze armate francesi a Berlino. Nel 1987 si dedica al racconto del quartiere di Saint-Antoine a Aubenas en Ardèche, il lavoro che presentiamo in queste pagine. Due anni dopo, nel 1989, espone i ritratti realizzati a Saint-Antoine e vince il primo premio nel concorso fotografico organizzato della rivista Le généraliste. Numerose le mostre che si succedono nel corso degli anni fino ad arrivare al dicembre 2014, quando espone, in collaborazione con il Voies Off di Arles, al Theatre Commedia d'Aubagne, per replicare nel luglio successivo al Musée de la Légion Étrangère. In occasione dell'edizione 2016 del Voies Off ha esposto nell'ambito della manifestazione arlesiana il suo lavoro Clôture monastique, dedicato alla vita nei monasteri di clausura. Sempre in occasione del Voies Off 2016 ci ha presentato i suoi lavori alla lettura portfolio e così è nato questo articolo.

Hubert Barre
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