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Attraverso una delle poche brecce nella linea difensiva, una donna incinta attraversa la linea del fronte, 19 aprile 2016. Siamo a Doogrdkan, a 56km a sud di Mossoul. © Frédéric Lafargue per Paris Match. 1 / 3       Attraverso una delle poche brecce nella linea difensiva, una donna incinta attraversa la linea del fronte, 19 aprile 2016. Doogrdkan (56km a sud di Mossoul). © Frédéric Lafargue per Paris Match.

Gli uomini del colonnello Mustapha Hajer, capo della polizia militare (Zeravani) coinvolta nel riconquista di Sinjar, mentre cercano gli individui in fuga dai settori ancora in mano all'ISIS. Gli attacchi suicidi di infiltrati in tali famiglie sono infatti comuni. © Frédéric Lafargue per Paris Match. 2 / 3       Gli uomini del colonnello Mustapha Hajer, capo della polizia militare (Zeravani) coinvolta nel riconquista di Sinjar, mentre cercano gli individui in fuga dai settori ancora in mano all'ISIS. Gli attacchi suicidi di infiltrati in tali famiglie sono infatti comuni. © Frédéric Lafargue per Paris Match.

Un giovane uomo trovato tra le famiglie prese dai combattenti curdi è sospettato di essere un combattente ISIS: la barba è stata frettolosamente tagliata con le forbici, parla l'arabo, ma non curdo, e per di più con un accento straniero. È stato messo da parte. © Frédéric Lafargue per Paris Match. 3 / 3       Un giovane uomo trovato tra le famiglie prese dai combattenti curdi è sospettato di essere un combattente ISIS: la barba è stata frettolosamente tagliata con le forbici, parla l'arabo, ma non curdo, e per di più con un accento straniero. È stato messo da parte. © Frédéric Lafargue per Paris Match.

Fuggire dall'Isis

Échapper à Daech (Fuggire dall'Isis) di Frédéric Lafargue è una mostra che apre parecchi interrogativi e fornisce discrete conferme nello stesso tempo. Partiamo dai primi. Il 13 novembre 2015 la cittadina di Sinjar, nel nord ovest dell'Iraq viene liberata da due anni di occupazione delle forze dell'Isis e, nello stesso giorno, a Parigi un gruppo terrorista porta a termine il suo attacco. Quello stesso giorno Frédéric Lafargue è proprio a Sinjar e non può fare a meno di mettere in correlazione i due eventi.

Frédéric Lafargue durante la visista alla sua mostra Échapper à Daech. © FPmag. Frédéric Lafargue durante la visita alla sua mostra Échapper à Daech. © FPmag.

«La simultaneità di questi avvenimenti – racconta Frédéric Lafargue – mi ha ispirato un sentimento differente. Mi sono sentito più sicuro in Iraq che a Parigi. Ero preoccupato per i miei in Francia, una situazione inedita. Normalmente, quando sono in luoghi di conflitto, sono loro a preoccuparsi per me. Tutto a un tratto mi sono sentito più vicino a questi uomini che si battono contro l'Isis. Gli stessi che mi hanno espresso la loro solidarietà per le vittime francesi. Lo sapevo già, ma l'ho realizzato pienamente solo in quel momento: Il nostro nemico è lo stesso».
Una reazione più che comprensibile e umana, in altre parole certo non condannabile nell'ottica del cittadino comune. Ma Frédéric Lafargue non è un cittadino comune, è un fotogiornalista. Per quanto mi sia inevitabile sentirmi, per ovvie ragioni di appartenenza culturale ed etnica, prossimo al suo pensiero, non posso non chiedermi, date queste affermazioni, fino a che punto il suo lavoro sia stato svolto con quella presunzione di neutralità che la professione giornalistica richiederebbe agli avvenimenti che stava raccontando. Certo so (e lo sappiamo tutti) che per un fotogiornalista che stia documentando un conflitto è praticamente inevitabile lo schierarsi, volente o nolente, da una parte o dall'altra. Non foss'altro perché nella maggioranza dei casi questo è l'unico modo per riuscire a lavorare riportando a casa la pelle. Ma, se le parole hanno un senso, la definizione di nemico, che condivido da cittadino occidentale, è una dichiarazione abbastanza grave da parte di un giornalista e, a mio avviso, questo rende necessaria l'adozione di adeguati filtri nella valutazione del suo lavoro. Apprezzabile comunque lo sforzo di raccontare realtà inevitabilmente durissime e intrise di massima diffidenza tra le popolazioni curde e quelle di origine araba.

Frédéric Lafargue durante la visista alla sua mostra Échapper à Daech. © FPmag. Durante la visita alla mostra Échapper à Daech. © FPmag.

Quanto alla valutazione del lavoro (e qui lasciamo i dubbi per arrivare alla conferma di certezze già acquisite durante le edizioni precedenti del Visa pour l'Image) è mio avviso quasi impossibile. Fatte salve le considerazioni già espresse, si riaffaccia il problema tante volte riscontrato visitando le mostre qui a Perpignan. Se posso condividere il fatto che siano i contenuti a dover prevalere e non la forma, soprattutto nell'ambito di un circuito fotogiornalistico, rimane il fatto che la fase di edizione non può essere considerata un optional, sopratutto quando ci si propone più o meno esplicitamente come faro del fotogiornalismo mondiale. E, se si può passare sopra al fatto che il modo di presentare le immagini sia fermo ai suoi clichet da anni, trovo completamente inaccettabile che l'editing venga svolto con tanta superficiale e colpevole disattenzione. Certo siamo in un mondo, quello del fotogiornalismo, che tende alla convergenza delle tecnologie, ma costruire una sequenza dove a tratti sembra di trovarsi di fronte a uno spezzone cinematografico o, peggio, a una provinatura a contatto, è inammissibile a questi livelli. Il piano narrativo è ridondante. Le ripetizioni di immagini a coppie e perfino a trittici non aggiungono contenuti. Una sequenza simile potrebbe essere inserita in una selezione da dare a un giornale per avere più possibilità che il servizio sia acquistato, ma (diamine!) queste nominalmente sarebbero mostre. Una pecca questa non certamente nuova nell'economia del Visa pour l'image, dove errori grossolani di messa in sequenza si sommano senza soluzione di continuità da anni. Un lavoro, quello presentato da Frédéric Lafargue, che probabilmente potrebbe ottenere molta più incisività se fosse dimezzato nel numero delle immagini e se ci si affidasse a qualcuno in possesso di una qualche dimestichezza con la messa in sequenza. E sorvoliamo sull'opinabilità, quantomeno nella costruzione logica, di alcune didascalizzazioni.
E per fortuna siamo a un festival di fotogiornalismo... [ Sandro Iovine ]

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ÉCHAPPER À DAECH
di Frédéric Lafargue
Chappelle du Tiers-Ordre - Place de la Révolution Françiase, Perpignan (Francia)
27 agosto – 11 settembre 2016
ingresso: libero

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pubblicato in data 01-09-2016 in NOTIZIE / MOSTRE

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