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English: Instructions for Use, non sempre l'uso dell'inglese fa fare una bella figura. © FPmag.><span id= English: Instructions for Use, non sempre l'uso dell'inglese fa fare una bella figura. © FPmag.

English: Instructions for Use

L'homo journalisticus, immonda mutazione della razza umana che ha abbandonato la civiltà per rifugiarsi in oscure redazioni e qui consumare, miseramente, la propria esistenza, l'homo journalisticus, dicevo, è una creatura ombrosa e suscettibile. A se stesso guarda in genere come a colui, pardon Colui, che in un giorno remoto (il sesto della sua esistenza per essere precisi) decise di creare Dio a propria immagine e somiglianza. Ancor oggi però, a migliaia e migliaia di anni di distanza, questa azione continua a essere per lui fonte di grande irritazione per la scarsa conformità della creazione con la perfezione dell'originale.
Questa collera sorda e atavica, unita al carattere alquanto permaloso, lo induce a esaltare le insane tendenze della sua personalità malmostosa. Particolarmente rischioso è instillare in lui/lei⁽¹⁾ il dubbio che la sua mente rifiuta: la possibilità che esista un sia pur remoto dubbio che la sua attività non sia al centro dell'universo. In realtà, il rischio è alto perché ci vuole proprio poco per farlo, credetemi.
Ad esempio, basta dire o scrivere qualcosa che gli faccia supporre che avete avuto l'ardire di rivolgervi alla sua augusta persona senza esservi prima debitamente informati e documentati circa l'esatto ambito in cui si svolge la sua insostituibile attività.
Se decidete quindi di irrompere nella sua operosa vita di topo di redazione interrompendo il frullare vorticoso delle dita sulla tastiera, badate bene a come lo fate. Sappiate innanzitutto che per l'homo journalisticus siete dei rompicoglioni a prescindere, latori di chissà mai quale nefasta seccatura.
Tanto per cominciare state costringendo questa creatura autorefenziale ad ascoltare o leggere cosa avete da comunicare... un trauma difficile da sopportare per il suo metabolismo. L'ira cresce inarrestabile in tutte le sue cellule. Tanto più da quando le lotte del sindacato dei lettori hanno imposto all'homo journalisticus il dovere di lettura, con la scusa (assurda, è chiaro!) che ciò faccia parte del suo dovere di informarsi ed essere disposto a rettificare eventuali errori.
Insomma, l'homo journalisticus s'incazza quando lo chiamate in causa, ma se ne fa una ragione. Si sfoga, semmai, con insulti trattenuti a stento sulla punta delle dita e sapientemente trasformati alla terza riscrittura della eventuale risposta: pagine degne di un manuale pratico di diplomazia applicata.
Ci sono, però, casi in cui l'ira funesta non può essere contenuta e l'adrenalina che scorre nelle vene esige copiosi sacrifici umani sull'ara sacra della redazione. Una fenomenologia tipica in questo senso è quella provocata da chi si rivolge a una redazione italiana in lingua inglese. No, no, non perché nelle redazioni italiane l'inglese sia una lingua ostica quando non sconosciuta... oddio... va beh, lasciamo perdere... insomma, perfino l'homo journalisticus può essere in grado di comprendere che se uno straniero gli scrive in inglese è solo per facilitare la comunicazione. Ma non è a questo che alludevo. Il caso cui mi riferivo era quello di madrelingua italiani, che vivono in Italia, che scrivono dall'Italia, ma utilizzano la lingua inglese. Questi soggetti sono in grado di risvegliare progettualità che farebbero impallidire Hitler & C. per la scarsa crudeltà e la pochezza e dei risultati storicamente ottenuti.
Per concludere, provo a spiegarvi i processi che si avviano in questi casi all'interno del ganglio cerebrale che presiede alle principali funzioni vitali dell'homo journalisticus.
Fase 1: Cazzo è in inglese!
Fase 2: Ma guarda questo! È italiano e scrive in inglese: è un coglione!
Fase 3: Se ci scrive in inglese vuol dire che non si è nemmeno preso la briga di andare a vedere a chi scrive: è un coglione!
Fase 4: Ma bravo, copia&incolla in inglese, così va bene per tutti e non deve fare sforzi di personalizzazione: è un coglione!
Fase 5: Mmmh, questo scrivendo in inglese pensa di essere più figo e di darsi un tono internazionale: è un coglione!

Perdonate la lunga introduzione preceduta da titolazione inglese in deliberata contraddizione con quanto voglio argomentare. Ho provato a descrivere la situazione con autoronia nei confronti della categoria cui appartengo, ma a parte l'aspetto umoristico e le estremizzazioni nel linguaggio, un fondo di verità c'è.
In redazione stiamo ricevendo sempre più spesso richieste di pubblicazione di portfolio con testi scritti in inglese. Sia chiaro che ricevere queste proposte ci fa piacere e molto. Francamente, però, che siano redatte in inglese, al di là delle battutatacce di cui sopra sulla coglionaggine dello scrivente, ci fa inevitabilmente pensare che che si stia pescando a strascico. Ovvero tutto quel che rimane nella rete va bene, che in altre parole significa: basta qualcuno mi pubblichi. Se è vero che la statistica insegna che più grande è il numero di tentativi, maggiori sono le possibilità di ottenere un riscontro, è anche vero che a ogni professionista farebbe piacere si riconoscesse il merito di ciò che sta facendo. Al di là dell'amor proprio professionale, certo non esaltato da comportamenti che mettono tutti sullo stesso piano senza discriminazioni, il consiglio è quello di informarsi sull'attività delle persone cui ci si rivolge e personalizzare le proprie richieste.
In rete ci sono decine e decine di esempi relativi a un modo corretto e soprattutto funzionale di proporsi in ambito lavorativo. Cercatele, leggetele e applicatele. Ne trarrete enormi vantaggi sotto il profilo pratico e, magari, sul volto di qualche homo journalisticus all'abituale ghigno rabbioso si sostituirà un sorriso di accoglienza. [ Sandro Iovine ]

PS - E poi, se scriverete in italiano, magari farete lo stesso errori di grammatica e sintassi, ma essendo nella nostra lingua, si sa che ormai nessuno ci farà più caso.


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(1) – La femmina non è sotto quest'aspetto infatti migliore del maschio in questa specie, perché tale possiamo ormai considerarla.


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pubblicato in data 10-01-2017 in NOTIZIE / OPINIONI

SandroIovine


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