1 / 3       «Y'a d'la joie!» Cabu era amico del cantante Charles Trenet, di cui apprezzava le canzoni, tra cui la gioiosa "Y'a d'la joie!" Per ironizzare sulla prima foto scattata nel 1974, gli ho chiesto di ripetere questo gesto nel 2014. Nel 2015, non c'è più gioia. © Arnaud Baumann/Signatures. Un projet de Signatures, maison des photographes.
2 / 3       Fotografare Reiser mentre disegnava era fantastico, 1978. © Xavier Lambours/Signatures. Un projet de Signatures, maison des photographes.
3 / 3       Durante la visita alla mostra De Hara-Kiri à Charlie di Arnaud Baumann e Xavier Lambours/Un projet de Signatures, maison de photographes. © Stefania Biamonti/FPmag.

Da Hara-Kiri a Charlie

Una mostra che rende omaggio a una redazione, a un gruppo di persone che ha fatto della satira e della provocazione la propria bandiera, pagando a caro prezzo la propria scelta. Il 7 gennaio 2015 la redazione di Charlie Hebdo viene infatti presa d'assalto da un gruppo di terroristi. A terra rimangono i due padri fondatori della storica rivista satirica francese, Wolinski e Cabu, e tre vignettisti: Charb, Honoré e Tignous. Il resto è ormai storia. Una pagina nera per la libertà di stampa, uno schiaffo in faccia alle sicurezze della Ville Lumière, e dell'intera Europa, che il progetto di Arnaud Baumann e Xavier Lambours – presentato da Signatures ed esposto alla Caserne Gallieni – affronta con uno sguardo laterale.
Attraverso un'accurata selezione di foto d'archivio, il percorso inizia mostrando la vita redazionale della rivista satirica Hara-Kiri, concentrandosi sul piccolo mondo creativo e intellettuale che negli anni Settanta gli gravitava intorno, nonché sui suoi personaggi più illustri, come il Professeur Charon e François Cavanna, divenuti poi fondatori della prima versione di Charlie Hebdo. Scatto dopo scatto, vengono così ripercorse le tappe fondamentali che hanno portato alla chiusura di Hara-Kiri e alla nascita, nel 1992, della rivista satirica ormai tristemente nota in tutto il mondo. In primo piano, gli episodi più significativi e un susseguirsi di direttori, vignettisti, redattori e creativi che hanno preso parte alla parabola di questa vivace realtà editoriale. Sullo sfondo, trent'anni di storia parigina, l'evolversi dei costumi e delle pratiche editoriali. Una storia tutta francese, una narrazione che – a detta dello stesso patron del VISA, Jean-François Leroy – non avrebbe forse trovato spazio in un festival internazionale di fotogiornalismo se quel maledetto 7 gennaio 2015 non fosse successo quanto invece è accaduto. Da quel giorno, infatti, tutti sanno cos'è Charlie Hebdo. Improvvisamente quella testata urticante, semi-sconosciuta al di fuori dalla Francia e spesso criticata con ferocia, è diventata un simbolo. Il simbolo della lotta per la libertà di stampa.
È quindi sull'onda lunga del grido «Siamo tutti Charlie!» che il progetto proposto in tempi non sospetti a Leroy da Arnaud Baumann e Xavier Lambours ha acquisito un orizzonte più ampio. Una dimensione internazionale che gli ha permesso di presenziale al Festival, e che la mostra tuttavia lambisce senza toccare. Si limita a suggerirla, spingendo i visitatori a mettere insieme i pezzi. Nulla riporta infatti ai drammatici fatti di gennaio e alle reazioni che hanno scatenato. Nulla se non qualche velato riferimento negli apparati testuali e quell'immagine su sfondo nero – affissa su un pannello d'alluminio posizionato al centro della sala – composta di cinque volti che è facile scovare anche all'interno di molti altri scatti inseriti nel percorso. Cinque primissimi piani sotto il quale compare una scritta, lapidaria: «Dessinateurs assassinés». [ S. B. ]

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DE HARA-KIRI À CHARLIE
di Arnaud Baumann e Xavier Lambours
Caserne Gallieni | fino al 13 settembre 2015
ingresso: gratuito

pubblicato in data 10-09-2015 in NOTIZIE / MOSTRE

VISA2015 StefaniaBiamonti






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